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Fes: la più brulicante delle città imperiali del Marocco

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Hugo von Hofmannsthal, il grande poeta austriaco, scrisse che a Fes si sentiva “come dentro un melograno”, in una capsula racchiusa insieme a tante altre all’interno del frutto. Direi che la metafora è azzeccata: Fes, la più grande delle città imperiali del Marocco, avvolge e accoglie, ma inevitabilmente non ci si può non sentire piccoli davanti a essa.

In effetti Fes è un po’ una metafora del mondo.

Senso di piccolezza: è proprio questo la prima cosa che provo guardando Fes dalla sommità di Borj Nord, punto panoramico da cui si gode una vista impareggiabile su tutta la città. Fes appare come una distesa immensa di case bianche e viuzze ingarbugliate, minareti che svettano, tetti ricoperti di antenne e scampoli colorati. Le mura rossastre racchiudono gelosamente la medinaFes el-Bali – e la separano dalla Ville Nouvelle e da Fes el-Jdid  (la “nuova” Fes anche se ha sette secoli di vita).

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Dar el-Makhzen, il Palazzo Reale di Fes

La nostra visita di Fes comincia proprio dalla città “nuova”. Il Palazzo reale (Dar el-Makhzen) occupa quasi metà di questa zona e purtroppo lo si può ammirare solo dal fuori. Ci dobbiamo accontentare di ammirare i suoi portali in ottone scolpito decorati con zeliji e particolari in legno di cedro intarsiato, come vuole la tradizione dell’arte marocchina. A due passi c’è la Mellah, il quartiere ebraico: le vecchie case con i balconi in legno affacciati sulla via – così diverse dalle tipiche case marocchine – non passano di certo inosservate.

Lasciata la parte “nuova” della città ci spostiamo verso Fes el-Bali, dove si trova la medina, la parte più interessante di Fes. L’ingresso principale è Bab Bou Jeloud, la porta nella parte occidentale della città. Varcata quella porta (“lasciate ogni speranza o voi che entrate..”) è impossibile non lasciarsi guidare dalla curiosità e dall’istinto. Possiamo mettere via la mappa perché orientarsi è praticamente impossibile: le viuzze sono strette, tortuose, affollate di gente, artigiani al lavoro, venditori e carretti trainati da asini che si fanno largo tra la folla al grido di “Balak balak” (“attenzione”!).

In realtà le cose da vedere nella medina di Fes sono piuttosto limitate: la Medersa Bou Inania, scuola coranica del XIV secolo, il Museo Nejjarine, che ospita una collezione di opere di artigianato ligneo all’interno di un funduq, il Museo Batha, la Moschea Kairaouine (una delle più grandi dell’Africa) e l’Università, che si dice essere la più antica del mondo (l’ingresso è comunque vietato a chi non professa la fede musulmana).

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Il bello di Fes non sta tanto nelle cose da vedere ma nel perdersi tra le sue vie impossibili. Visitare la medina significa girovagare a zonzo nel suo intricato labirinto, lasciarsi portare dalla curiosità, farsi trasportare dai colori e dagli odori. C’è chi vende spezie e farina, chi lavora il ferro o fabbrica tessuti lavorati a mano, chi vende cibo da strada (di tutti i tipi), macellai che affilano coltelli e gatti a pochi metri pronti ad accogliere scarti di carne di cammello.

Qui a Fes c’è tutto un mondo di cose da vedere e sperimentare. C’è la vita vera, non un’accozzaglia di stand per turisti, c’è la vita di Fes e dei suoi abitanti che scorre placida e disordinata. Sono qui, un puntino in mezzo a queste migliaia di viuzze eppure mi sembra di essere nel centro del mondo. Questo è il paradiso per ogni amante di fotografia. Me ne starei qui giornate intere calata nel budello della vita dei fassi (gli abitanti di Fes), ma occhio a fotografare: molti non vogliono essere fotografati, alcuni non fanno obiezioni, ma è sempre meglio chiedere.

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Qui c’è tutto un brulicare di colori, suoni, voci e odori. Gli odori in effetti non sempre risultano gradevoli, soprattutto se visitate le concerie, una delle caratteristiche principali di Fes. Arrivarci è facile: basta seguire l’odore acre di pelle e tinture.

Entriamo in un negozio di pellami in cui è possibile visitare la conceria: all’ingresso ad ogni turista viene dato un rametto di menta per coprire gli odori, a tratti davvero nauseabondi. Dalla terrazza dl negozio vediamo le concerie a cielo aperto. Belle da fotografare, sì, ma quello dei conciatori è davvero un lavoro terribile.

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Il nostro pranzo non possiamo non consumarlo qui, nella medina di Fes, tra la gente comune, seduti ai tavoli delle spartane locande in cui si cucina di tutto: carne grigliata, spiedini, sardine fritte, frittelle, zuppe.

La mia simpatia va subito a un omino che sta cucinando una zuppa in un grande pentolone. Mi siedo al suo banchetto. Mi riempie una ciotola, mi dà una pagnotta di pane, mi porge una brocca d’acqua e mi sciacqua un bicchiere (da cui forse è meglio non bere), et voilà, per pochi dirham ecco il mio pranzo: zuppa di ceci (buonissima). Per il dessert niente problemi: sull’altro lato della strada c’è un banchetto di frutta dove ho già adocchiato dei mandaranci che sicuramente saranno buonissimi (come dappertutto in Marocco).

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Ancora un giretto per la medina, una pausa in erboristeria per fare incetta di olio di argan ed è già tempo di lasciare Fes. Il nostro viaggio è un crescere di emozioni. Ora la nostra prossima destinazione è il deserto

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4 comments

  1. Complimenti bel post, belle foto, bella atmosfera…ho voglia di prendere il primo aereo per Fès! A chi non c'è ancora stato, non avete molte scuse, ci sono tantissimi voli low cost dall'Italia! Tre ore di tragitto per tuffarsi in un'atmosfera unica. Ottima idea anche solo per un weekend. Aggiungo solo una cosa: solo dopo tanti viaggi in Marocco, ho capito che Fès non è da consigliare come luogo dove acquistare olio di argan. Danno certe sòle;)

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