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Backpacker si nasce o si diventa?

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Come è successo che mi sono ritrovata backpacker? Forse lo sono sempre stata dentro, per mia indole, e ancora non lo sapevo, o lo sono diventata un po’ alla volta, esperienza di viaggio dopo esperienza? Forse entrambe le cose.

Non ho sempre viaggiato così – con zaino al seguito, budget risicato e predilezione per gli spostamenti via terra. Ma un po’ alla volta questa modalità di viaggio è emersa e ho capito che era la dimensione giusta per me.

Chi è il backpacker

In inglese si usa il termine backpacker, che deriva dal termine inglese “backpack” che significa zaino. Ovvero sarebbe qualcosa come “zainatore” (orribile, lo so). Wikipedia tira in ballo come corrispettivo in italiano il termine “saccopelista”, che per me è anche peggio. Il backpacker è semplicemente colui che viaggia con lo zaino, ma non ci si limita a questo.

Chi viaggia con lo zaino ha sposato una precisa filosofia di viaggio, che in genere cozza parecchio con i resort 4 stelle, gli agi e gli spostamenti aerei in business class o le vacanze toccata e fuga. Chi viaggia da backpacker ha dei tratti distintivi:

  • ha un budget di viaggio basso
  • predilige ostelli e soluzioni di alloggio economiche
  • viaggia anche per lunghi periodi di tempo
  • si sposta con i mezzi pubblici

Va da sé che chi viaggia con questo spirito si organizza il viaggio da solo, spesso anche in modalità solo-traveler, cioè da solo, e non disdegna la avventura e l’improvvisazione. All’estero è una tipologia di viaggiatori assai diffusa, di stampo anglosassone, che ha finito per contaminare anche i paesi dell’Europa meridionale (più o meno anche l’Italia).

E io? Come ho fatto a ritrovarmi in questa categoria? Scimmiottando i viaggiatori nordici? No di certo. È andata così.

Il giorno che mi sono ritrovata backpacker

Io backpacker non ci sono nata. Un tempo viaggiavo come tutti i comuni mortali, con un trolley più o meno grande a seconda della destinazione e della durata del viaggio. A dire il vero non mi ci trovavo pienamente in quella situazione. Come mi dico spesso, secondo me non avevo ancora trovato la mia strada di viaggiatrice. Sentivo che c’era qualcosa che stonava e che non mi finiva di convincere. Avete presente quando fate una cosa perché si fa così o perché l’avete sempre fatta in quel modo ma non vi sentite voi stessi e poi un bel giorno cambia tutto? Ecco, a me con lo zaino da viaggio è successo proprio così.

Allo zaino da backpacker ci sono arrivata piuttosto tardi. Ma ricordo distintamente il momento in cui ho avuto l’illuminazione. Ero alle isole Gili, in Indonesia, impegnata nell’arduo tentativo di calare il mio trolley dalla barca a riva senza farlo bagnare dalle onde, oltre che costretta a trascinarlo per svariati metri nella sabbia. Un supplizio.

Accanto a me una folla di giovani viaggiatori-avventurieri muniti di zaino, spavaldi e spensierati. In quel momento li ho invidiati profondamente e ho solidarizzato con loro pensando “Certo, è quella la modalità di viaggio che fa per me, perché non ci sono arrivata prima?”.

Da lì è stato tutto in discesa. Da allora il trolley è rimasto quasi sempre a fare polvere sopra l’armadio (poverino), anche se nuovo e figo. Al suo posto è sceso in campo il mio fidato zaino. Sul dilemma meglio zaino o trolley ho già disquisito, e la conclusione a cui sono arrivata è lampante: io preferisco lo zaino.

All’inizio sembra complicatissimo prepararlo e farci stare tutto l’occorrente, ma poi, con l’esperienza diventa un gioco da ragazzi, anche se dobbiamo preparare lo zaino per un lungo viaggio (se impari a viaggiare per cinque mesi con il cambio di vestiti per una settimana, beh, ti fai una bella gavetta).

Ma come dicevo all’inizio non è questione solo di contenitore. Non è solo questione di scegliere il trolley o lo zaino.  Una volta che ho scoperto la mia vocazione da backpacker, ho (ri)trovato la mia vera dimensione di viaggio. Con il tempo, viaggio dopo viaggio (ma forse anche invecchiando), ho cominciato ad aver bisogno di una dimensione di viaggio più lenta e umana, fatta di spostamenti su mezzi sgarrupati e trabiccoli improbabili, guesthouse da quattro soldi e ristoranti modesti.

Quella dei backpacker non la vedo come una moda, ma uno stile di viaggio. Come per tante altre cose nella vita, ci si ritrova vicini a una cosa piuttosto che a un’altra, senza un motivo particolare. Viene spontaneo, va a pelle, ci si ritrova finalmente in una dimensione che si è tanto cercato, un abito che non ci vestiva bene. Finalmente puoi dire “Oooh, ci sono”. Così mi sento a mio agio, questa è la dimensione in cui mi riconosco.

Ma forse, in fondo, la mia dimensione era già quella lì, era già scritta nel mio DNA, e non dovevo fare altro che trovarla?

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11 comments

  1. Articolo interessante… io credo di esserci nato, perchè già a 19 anni scorazzavo per l’Europa con il mitico Interrail e lo zaino in spalla. Certo all’epoca viaggiavo con la “cumpa” di amici. Solo in seguito ho affrontato il viaggio in solitaria,ma devo ammettere che dormire nella stazione dei treni di Amsterdam o in infimi sleep flat di Copenaghen mi avevano permesso di farmi le ossa. ;o)

  2. Bell’articolo, Claudia che condivido e che in alcuni passaggi lo trovo esilarante (quando parli di essere invecchiata e di aver conosciuto tardi il viaggio con lo zaino), io l’ho capito solo ora che sono in pensione e ho apprezzato molto dormire in ostello con altri giovani …

    Sono sicuro che sia il modo di viaggiare che permette di più di conoscere realmente un luogo, i suoi abitanti e la vita di tutti i giorni.

    Graize e buon viaggio.

    • Grazie Massimo, contenta che l’articolo ti sia piaciuto!
      Che dire, meglio tardi che mai 😀 avrei voluto iniziare prima ma è andata così

  3. Quest’anno ho fatto il mio primo viaggio solo con lo zaino. È stata La Svolta, con la L e la S maiuscole. Ora mi sento in colpa quando devo lasciarlo a casa perché troppo alto per Ryanair e EasyJet. E dopo il panico iniziale da noncistarànientecosadevoportareaiuto ho scoperto con piacere la sfida di riempirlo il meno possibile e ridurre tutto all’essenziale.
    Magari backpacker non ci si nasce, ma di sicuro ci si può rinascere! 😉
    Leggere questo articolo è stato un piacere! Come dici tu: essere backpacker non è solo avere lo zaino in spalla, ma avere una filosofia di viaggio tutta particolare!

    • Ma ciao Marta e grazie per il tuo contributo! 😀
      Come dici giustamente tu, è una bella sfida imparare a riempirlo (bene), io dico sempre che è una cosa molto auto-disciplinante che torna davvero utile da tanti punti di vista!

  4. Scoprirti oggi ????(scusami ,magari sei straconosciuta e io sono arrivata troppo tardi) e stata una cosa positiva per la mia anima ????ti faccio i miei complimenti per il tuo blog che ci sono andata a leggerti subito…e favoloso e molto dettagliato,e poi il modo tuo di raccontare fa morire ????(nel senso buono ovviamente) ..come viaggiare da soli la cosa che mi ha affascinata tantissimo (viaggio da sempre in compagnia o da sola o con gente che manco conosco, adoro scoprire ,riscoprire posti lontani ma anche quelli che li ho vicino casa ma magari mai visti in profondità ho con l’occhio del turista ????),…Ti faccio i miei auguri e va avanti e adesso vado a leggerti tutta ????????

  5. Io ci sono arrivato 15 anni fa, quando ho conosciuto mia moglie, avevo sempre desiderato di viaggiare da backpacker, prendere autobus scalcinati insieme alla gente del posto, avere solo il biglietto aereo A/R e l’insostituibile guida lonely planet che ti guiderà per tutto il viaggio. Quelli con il trolley sono turisti, quelli con lo zaino sono viaggiatori.

    • Ciao Andrea e ben ritrovato!
      Io, come racconto nel post, ci ho impiegato un po’ a capire quale dimensione di viaggio facesse più al caso mio, ma quella volta a Gili, di fronte ai backpacker che aspettavano la barca mentre io arrancavo con la valigia nella sabbia è stato un momento illuminante 🙂 Backpacker per sempre!

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