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Il mio rapporto con il piccante: sopravvivere alla cucina thai

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Me lo ricordo bene il mio primo piatto thailandese. Era il 2012 e avevo appena attraversato a piedi la mitica frontiera di Poipet, tra Cambogia e Thailandia. C’era questa signora che cucinava al momento dello street food dall’aspetto molto invitante; i miei compagni di viaggio non si fidarono e presero solo del riso bianco, io no, mi lanciai. Che sarà mai, dicevo tra me e me, mi faccio dare il piatto completo, in fondo si tratta solo di pollo e verdure saltate alla piastra.

Mi girai un attimo, solo una frazione di secondo. Tornata a posare gli occhi sulla signora mi accorsi che stava gettando del contenuto rossastro sul mio pranzo. Ahia. Ci siamo.

Il piatto era piccantissimo, ma io, un po’ come sfida con me stessa, un po’ per non dare ai miei compagni di viaggio la soddisfazione del “te l’avevo detto”, mangiai tutto, accompagnato da un litro di acqua (che è sbagliatissimo perché bisognerebbe bere latte, yogurt o latte di cocco), ma mangiai tutto.

Che la cucina thailandese sia piccante è un dato di fatto e chiunque arrivi in Thailandia prima o poi deve fare i conti con questa verità assoluta. All’inizio capita a tutti – ingenuamente – di tentare chiedendo conferma al cameriere (“Is it hot?”). La risposta sarà sempre un “Noooooo!” con tanto di deciso scuotimento di testa. E invece..

Il problema è che i thailandesi hanno una soglia del piccante decisamente diversa dalla nostra e il piccante è una presenza costante nella loro cucina (insieme al dolce, al salato, all’amaro e all’acidulo). In parole povere non c’è scampo. Capita a tutti prima o poi di trovarsi le fiamme in bocca e i lacrimoni, ma anche questo è parte del gioco e del viaggio.

La mia domanda è: quanto tempo ci vuole per abituarsi a dei sapori così piccanti? Tutto è relativo ovviamente. Io sono partita da una soglia bassissima – diciamo pari a zero – ma dopo qualche settimana in Thailandia le cose stanno migliorando. Mi sto forse abituando? E se mi abituo come sarà poi tornare a mangiare all’occidentale?

Sicuramente non arriverò a mangiare quello che le papille gustative di un thai doc riescono a sopportare, ma sto facendo progressi.

La cosa divertente è che il peperoncino in Asia lo abbiamo portato noi europei, dopo averlo scoperto nel Centro America. Fu Cristoforo Colombo, dopo aver esplorato l’isola di Haiti, ad annotare sul giornale di bordo, nel 1493: “Gli indigeni condiscono il loro cibo con una spezia più forte del pepe, che chiamano aji”. Gli europei portarono il peperoncino in Europa e da lì in Africa e in Asia, dove oggi non possono vivere senza.

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Qualche trucchetto comunque c’è. Come quello di appoggiare il cibo sulla parte centrale della lingua e non sulla punta, la parte più sensibile, per ridimensionare l’effetto piccante (grazie Andrea dell’aiuto, da sola non ci sarei mai arrivata).

Della cucina thailandese la cosa che temo di più sono le zuppe. Ne ho mangiate di buonissime, di svariati tipi, di alcune non sono nemmeno stata in grado di identificare gli ingredienti, ma c’è il fatto che ti fregano. Celano furbescamente quello che si nasconde tra i noodle e le verdure: pezzettoni di peperoncino in agguato nel piatto. E anche se i pezzetti di peperoncino li scanso ormai è troppo tardi perché tutta la zuppa è stata “contaminata”.

Come non ricordare quel mio pranzo ad Ayutthaya, seduta a un banchetto, davanti alla mia zuppa fumante (e non solo per il calore), con la figlia della cuoca che faceva i compiti e mi guardava con compassione mentre io mangiavo (o meglio, cercavo di mangiare) con i lacrimoni che mi scendevano sulle guance. Che fosse forse il Tom Yam, la zuppa thailandese considerata la più piccante in assoluto?

A volte mi auto-impongo di finire tutto il brodo comunque, anche se è piccante, altre volte qualcuno dentro di me urla pietà e mi lascio il lavoro incompiuto. Ma so che posso migliorare!

E il vostro rapporto con il piccante come è?
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