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Il mal d’Africa, l’unica malattia da cui non guarire mai

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C’è uno stato d’animo speciale che accomuna le persone che hanno avuto la fortuna di visitare l’Africa, una “sindrome” non riconducibile a nessun altro posto al mondo. La scoperta di un profondo senso di attaccamento, appartenenza e ritorno alle origini, un richiamo forte verso la terra africana, la sua gente, i suoi colori. Uno stato d’animo tale per cui in quelle terre – anche se così remote e diverse da quelle a cui siamo abituati – ci sentiamo a casa, nel posto giusto, in pace con noi stessi. È il mal d’Africa.

La mia prima volta in Africa fu nel 2007, quando scelsi di visitare un paese meraviglioso: la Tanzania. Ricordo benissimo la sensazione appena scesa dall’aereo, nel piccolo aeroporto di Arusha: l’aria calda era tersa e secca, così pulita che potevo distinguere distintamente ogni odore e cogliere i colori in tutta la loro vividezza. Anche se mi trovavo a oltre 6.000 km da casa, letteralmente dall’altra parte del mondo, ero tranquilla, serena come mai prima in vita mia.

Il déjà vu

La sensazione era quella di un déjà vu , come se in fondo io in quei posti ci fossi già stata. Mi sarei aspettata di sentirmi spaesata, diversa e “altra” da quella realtà così agli antipodi rispetto al nostro occidente moderno e civilizzato. Ma invece non fu così, fu tutto il contrario.

Ciò che ho provato durante il mio viaggio in Africa non è una cosa insolita; anzi, è comune a tante altre persone che hanno sperimentato l’Africa. Anche Carl G. Jung, il padre fondatore della psicanalisi, disse di aver provato un senso di déjà vu nel corso del suo primo viaggio in Africa; guardando fuori dal finestrino del treno che lo stava portando a Nairobi, in Kenya, si sentì come se stesse ritornando nella terra della sua giovinezza: “Ebbi la sensazione di aver già vissuto questo momento e di aver sempre conosciuto questo mondo”.

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Sebbene il mondo africano sia qualcosa di “alieno” rispetto a noi, ciò che noi vediamo ci sembra perfettamente naturale. Jung parlò di “riconoscimento di ciò che è conosciuto da tempo immemorabile”.

Come si spiega?

La spiegazione è antropologica. Il processo che ci ha portato ad evolverci da semplici primati a ominidi è avvenuto a partire da una popolazione stanziata nella zona della Rift Valley (a grosso modo tra l’Etiopia e la Tanzania). Proprio da lì, circa due milioni di anni fa, avvenne l’emigrazione (il fenomeno è chiamato “Out of Africa”) verso le altre zone del mondo.

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È come se nel nostro DNA fosse impresso questo nostro lontano passato e il fatto di “ritornare” in Africa risvegliasse i nostri ricordi ancestrali. In noi sentiamo una profonda nostalgia per una civiltà perduta, un passato primitivo, legato alle tradizioni e allo scambio simbiotico con la natura selvaggia, in antitesi alla civiltà.

Il rientro da un viaggio in Africa

Il mal d’Africa tipicamente si manifesta al rientro dal un viaggio in terra africana quando si avverte un disagio psico-emotivo, ci si sente inadeguati e insofferenti nel riprendere il proprio stile di vita. Scatta allora la nostalgia per la natura vergine e primordiale africana, per i giorni trascorsi là, per i colori, i paesaggi, i suoni, i profumi e le gente della madre terra africana. Il morbo ormai ci ha colti e ci resterà sempre, indipendentemente dalle altre mete di viaggio che sceglieremo.

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L’Africa, del resto, non è come gli altri continenti. È una meta a sè. Come ha scritto Ryszard Kapuscinski, l’autore di Ebano:

È un oceano, un pianeta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo. È solo per semplificare e per pura comodità che lo chiamiamo Africa. A parte la sua denominazione geografica, in realtà l’Africa non esiste.

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8 comments

  1. "Una cosa allora volevo: tornare in Africa. Non l'avevo ancora lasciata, ma ogni volta che mi risvegliavo, di notte, tendevo l'orecchio, pervaso di nostalgia" (E. Hemingway).

    Permettimi un'altra "citazione" cinematografica: se non ti è mai capitato di vederlo, guarda la scena finale del film "riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in africa" con i due mostri sacri Sordi e Manfredi: Manfredi si tuffa dalla nave che lo stava riportando a casa, per restare con la tribù grazie alla quale, dopo mille avventure, aveva trovato una nuova vita e Sordi, indeciso se buttarsi a sua volta, si trova a rivivere mentalmente, in pochi istanti, tutte le emozioni provate durante il suo lungo viaggio in cerca dell'amico, in un caleidoscopio di colori, suoni e immagini ( http://youtu.be/B9-iLxgdLqk?t=1h54m6s ). Questa scena, secondo me, fa capire molto bene cosa si prova nel momento di lasciare l'africa per ritornare nella nostra civiltà.
    Stefano B.

  2. Se segui il link che ti ho indicato, su youtube troverai la scena di cui ti parlavo (oltre a tutto il film) 😉
    Grazie a te per avermi dato lo spunto per molto riflessioni.
    ciao,
    Stef B

  3. Avevo 14 anni. Avevo sognato (e chiesto) quel viaggio in Egitto per tutta la mia (breve) vita. Quando ero bambina da mia madre mi facevo raccontare le storie dei grandi Faraoni e Regine d’Egitto, la mia preferita Nefertiti! E sognavo di vedere le piramidi e la sfinge. Avrò fatto leggere a mia madre prima di dormire migliaia di volte un libricino che parlava di Ramses II, conoscevo le parole a memoria, ma volevo lo stesso sentire quei racconti. Il viaggio fu epico, rimasi a bocca aperta per quasi tutto il tempo, come uno stoccafisso!!! Sentivo che stavo toccando la storia con mano, che stavo calpestando non solo la terra degli abitanti originari, ma quella stessa terra calpestata da milioni di persone nei secoli che prima di me erano state attratte dalla magnificenza dell’Egitto. Il tour duró solo 12 giorni, ma furono tra i più belli della mia vita. Le piramidi non mi delusero, ma ciò che rimase impresso a fuoco nel mio cuore furono i tramonti sul Nilo che incendiavano l’orizzonte e che potevo apprezzare dal battello durante la nostra mini crociera. Quei colori, quella vegetazione, gli ippopotami ed i coccodrilli LIBERI, nel loro habitat in cui IO ero l’aliena, non li dimenticherò mai.
    Il giorno in cui l’aereo decolló dall’aeroporto de Il Cairo sentii un fitta al petto e avvertii come una fame d’aria. A 14 anni e con una salute di ferro non avevo mai provato nulla di simile. Mai stata una piagnona né una paurosa, ma la cosa mi colse talmente di sorpresa che afferrai il braccio di mia madre e dissi: “Mamma non sto bene mi sento male mi fa male qui!!!” e strinsi in un pugno la t-shirt sul petto. Lei mi guardò tranquilla, stranamente, super ansiosa come è sempre stata, e mi disse: “È normale, è il Mal d’Africa.” “Il che?!?!?” Per un attimo ho pensato di aver contattato una malattia… ma mi ci volle un secondo a capire che si trattasse in realtà di un sentimento. Io non ne avevo MAI sentito parlare quindi non potevo esser stata in alcun modo condizionata. Era reale. Sì che esiste. Mi faceva male andar via. Male fisicamente. È vero che si tratta di un legame primordiale, inspiegabile eppure comunissimo. È magia.

    • Ma Fabiana che bello! Hai scritto delle parole bellissime e hai dato un chiarissimo esempio di quello che è il Mal d’Africa.
      Grazie di aver voluto condividere questo bellissimo ricordo.
      Poi sei tornata in Africa, vero?

  4. Sono partita per il Marocco in compagnia di due amiche un mese fa. Abbiamo organizzato il nostro viaggio tramite internet:: siamo atterrate all’aeroporto di Tangeri e, noleggiato un auto, abbiamo visitato Fes , Meknes, Rabat , Marrakech e poi la valle del Dahar fino al deserto. Il paesaggio è bellissimo, il deserto. …lo lascio immaginare…… Prima di intraprendere questo viaggio ero molto agitata e ansiosa, ma appena ho messo piede in Marocco è passato tutto , mi sono rilassata. Ho trascorso una vacanza indimenticabile, ho provato delle emozioni che non sono in grado di esprimere. Di ritorno dal Marocco mi sono fermata un giorno a Milano ( io sono pugliese ) e ne ho approfittato per visitare il duomo . Poi ho avuto la banale idea di entrare ne La Rinascente. …… a quel punto ho avvertito una strana sensazione, uno stato di disagio, ho quasi pianto. Ho avvertito una reazione di repulsione per ciò che mi circondava…..mi son detta: cosa mi succede? No, non può essere il Mal d’Africa. …..o forse si,…..Vorrei ritornare in Africa e visitare altri paesi. Spero di riuscirci.

    • Ciao Cinzia! che belle le tue parole, rendono benissimo la sensazione che si prova dopo un viaggio in Africa! Ho amato molto anche io il Marocco. Se hai occasione di tornare ti consiglio di esplorare un po’ di “Africa nera”… il Mal d’Africa sarà ancora più intenso!

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