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Phnom Penh, la perla d’Asia

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Dopo la visita ai magici templi di Angkor, dopo l’incontro con l’entroterra cambogiano, i suoi paesaggi struggenti, le sue pagode coloratissime e la sua popolazione tranquilla e solare, entrare a Phnom Penh, la capitale della Cambogia, è un po’ uno shock.

Phnom Penh è un brulicare di vita, di traffico, di mercati, un turbinio chiassoso e vivace di gente, colori e odori.

I tuk-tuk sono ovunque e si muovono veloci tra motorette giapponesi e suv modernissimi in una città dalle forte contraddizioni: lo skyline della città è segnato da alti palazzoni, strutture modernissime ancora in costruzione ma anche povertà e gente sdraiata tranquillamente ai margini della strada, baracche e venditori di qualsiasi genere di cibo.

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Phnom Penh è una città popolata da 2 milioni di abitanti ed è in rapida crescita economica. Situata alla confluenza tra i fiumi Mekong, Tonle Sap e Tonle Bassac, un tempo era conosciuta come “la perla d’Asia” per via della sua bellezza e del suo fascino tipicamente indocinese.

La leggenda racconta che sia stata fondata dopo che un’anziana donna ritrovò quattro statue del Buddha e decise di porle in cima alla collina: Phnom Penh significa infatti “tempio sulla collina“. Questa collina da sempre è considerato un posto stregato; secondo i cambogiani ci risiede il Naga, il serpente mitologico a sette teste simbolo del popolo Khmer.

A Phnom Penh non potete perdervi il sontuoso Palazzo Reale e la Pagoda d’Argento. Durante il mio soggiorno la visita al Palazzo Reale non era consentita per via della recente morte del sovrano, Sihanouk; in compenso il palazzo era illuminato a giorno e adornato offendo uno spettacolo davvero suggestivo.

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La Pagoda d’Argento e il suo vasto cortile interno vale assolutamente la visita alla città. Deve il suo nome alle 5.000 piastrelle d’argento che ricoprono il pavimento. All’interno ci sono statue del Buddha e monili di bellissima fattura (non è possibile scattare foto); particolarmentre affascinante la statua del Buddha di smeraldo, adornato con un grosso smeraldo e gioielli preziosi. Nel vasto cortile sono numerose le pagode, i padiglioni (tra cui quella con l’orma del Buddha), i santuari; io sono rimasta colpita dalle bellissime piante, dalle orchidee coloratissime, dal giardino lussureggiante e colorato. Se – come me – siete amanti dei fiori e delle piante, sarà per voi un vero e proprio paradiso, oltre che un’oasi di pace all’interno della città.

Un altro must che non potete assolutamente perdervi è il Museo Nazionale, a poca distanza dal Palazzo Reale. Il museo è ospitato in un elegante palazzo in classico stile khmer e contiene la più vasta collezione di statue e suppellettili della storia e dei fasti dell’impero Khmer. Il museo si sviluppa intorno ad un bellissimo cortile-giardino con vasche, ninfee, fiori e alberi favolosi (che mi ha ricordato molto il cortile dell’aeroporto di Siem Reap).

E il resto della giornata? Noi abbiamo deciso di avventurarci al Mercato russo, un grande mercato coperto in cui è possibile passare in rassegna ogni tipo di prodotto, dalle bancarelle che vendono cibo o oggetti in vimini fino a bancarelle che vendono pneumatici, pezzi di ricambio e bricolage, ma ci trovate anche parrucchiere, sarte all’opera e chi più ne ha più ne metta. All’interno faceva molto caldo e mancava veramente l’aria ma la visita è stata molto interessante. Nel mercato si può anche scegliere di fermarsi a mangiare un boccone.

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Dopo pranzo decidiamo di farci portare in giro con un tuk-tuk (il mezzo per eccellenza a Phnom Penh: ricordatevi sempre di contrattare sul prezzo e portarvi con voi una mappa o il biglietto da visita del vostro albergo perché non è detto che gli autisti dei tuk-tuk sappiano veramente arrivarci); ci facciamo un giro della città e ci godiamo il traffico caotico e la frenesia dirompente della città comodamente seduti.

Al tramonto o alla sera percorrere il lungo-fiume è un’altra di quelle cose che vi consiglio. In zona ci sono tra l’altro un numero esorbitante di locali e ristoranti, la maggior parte dei quali però di impronta turistica; se volete assaporare qualche locale più ruspante e frequentato poco dai turisti evitate questa zona. Nella mia ultima sera in città abbiamo mangiato in un locale in centro, non molto distante dal nostro albergo, in cui eravamo i soli clienti occidentali: spettacolo! Queste sono le cose che mi piacciono. Il locale aveva un aspetto davvero poco invitante, l’igiene lasciava forse un po’ a desiderare, ma vi assicuro che ne è valsa la pena. Ci siamo sentiti come gli abitanti del posto.

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Se siete a Phnom Penh fate una visita anche a Tuol Sleng, quello che un tempo era un liceo ora trasformato in museo del genocidio cambogiano. La Lonely Planet lo definisce – giustamente – una meta non per tutti. L’esperienza è toccante, molto toccante. Tutto è rimasto come è stato trovato: strumenti di tortura abbandonati, aule vuote e spoglie. In alcune aule sono esposte le fotografie e le testimonianze scritte (veniva registrato tutto ciò che riguardava i prigionieri). Ci sono anche foto di bambini piccolissimi.

La visita è impegnativa dal punto di vista emotivo, molto di più della visita ai Campi di Sterminio di Choeung Ek, appena fuori dalla città, che vale comunque la pena visitare. Per la visita prendete l’audio-guida (è disponibile anche in italiano): Choeung Ek è stato uno dei purtroppo numerosi “killing fields” in cui vennero massacrati migliaia di cambogiani, vittime sacrificabili ingiustificate della follia omicida di Pol Pot. Visitare la Cambogia significa necessariamente conoscere il suo doloroso passato. Glielo dobbiamo.

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3 comments

  1. Che bel post, per un attimo mi son sentito come se fossi in cima alla collina dove la leggenda narra che sono state messe le statue del Budda, poi il frastuono dei tuc tuc mi ha riportato in uno dei miei viaggi in Asia, quanti ricordi 🙂

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