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Il Ko Ratanakosin: la Bangkok che mi piace

Ko Ratanakosin
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Sono a Lak Meuang, la “Colonna della Città”, un tempio animista che fa da crocevia al traffico ed è considerato la chiave di volta spirituale di Bangkok, a due passi dal Grand Palace (che ho appena visitato) e dal Wat Pho (dove sto per andare).

Il suono del gamelan è nell’aria. I danzatori, truccati e agghindati in coloratissimi vestiti tradizionali, si stanno preparando per una la-kon-gaa bon, la danza su commissione che i fedeli che hanno particolari desideri da far realizzare possono richiedere, ma nonostante accennino qualche passo di danza non sembrano avere voglia di cominciare.

Intanto io sono lì a pochi passi, seduta su una panchina, che butto giù qualche riflessione e osservo. C’è molta gente al tempio – forse perché è domenica pomeriggio – in un viavai tranquillo di ragazzi, anziani e famiglie con bambini.

Ho passato l’ultima mezzora sbirciando qua e là – ma cercando di mantenermi una presenza discreta – tra i fedeli che preparano le offerte, accendono candele e incensi, avvolgono di veli colorati i lingam (se le mie reminiscenze cambogiane non errano, simboleggiano la fertilità), si inginocchiano per pregare.

Arrivano carretti che trasportano i fiori per le offerte, i bambini si siedono in prima fila impazienti davanti ai danzatori che ancora accennano qualche danza ma non si decidono a partire.

Là fuori c’è un traffico intenso, siamo nel centro che più centro di Bangkok non si può, eppure Lak Meuang sembra un’oasi felice (e soprattutto di pace).

C’è anche una cosa strana: di turisti neanche l’ombra  – strano, dove saranno finiti? – tranne me. E il bello è che nessuno sembra fare caso a me, come se anche io facessi parte di quel tutto, di quel delicato equilibrio.

Finalmente ho trovato il mio posto a Bangkok. E’ proprio qui, nella zona più tradizionale e antica di Bangkok, il Ko Ratanakosin, che mi accorgo di essere completamente a mio agio. Dopo i giorni trascorsi tra Skytrain e grattacieli, code alle stazioni della metropolitana e ascensori, aria condizionata impazzita e strade a quattro corsie, finalmente sto iniziando a trovare me stessa anche a Bangkok.

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Bangkok mi ha accolta benissimo, sia chiaro, e io mi sono ambientata a dovere nel giro di poco, pochissimo. ma quello che io cerco, quello di cui ho bisogno, quello che io voglio sentire è il suono dei gamelan e il profumo dell’incenso. È tra i colori dei fiori e il viavai dei monaci che voglio stare, cercando di cogliere la Thailandia tradizionale (o quello che ancora ne rimane).

Questo è quello che mi piace. Questo è quello che mi fa stare bene.

I miei primi giorni a Bangkok sono stati un successo, è andato tutto bene, ma appena arrivata mi sono accorta di non essere più tanto sicura di riuscire a restarci una settimana intera. L’avevo sentito raccontare, l’avevo letto: dopo 2 o 3 giorni a Bangkok viene voglia di scappare via dal traffico e dallo smog. Penso che sia normale e penso che capiti un po’ a tutti. Bisogna solo dare tempo alla Bella Signora di presentarsi con tutti i crismi, di mostrarsi con tutte le sue facce, con tutte le sue storie.

Chissà che magari, quando tra qualche giorno ripartirò da Bangkok, quell’avversione iniziale non diventi voglia di restarci ancora!

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4 comments

  1. Non sono "metropolitana", non a caso vivo a Potenza, ho studiato a Parma e le grandi città non fanno per me. Intendiamoci, adoro visitarle, ma visitare non è vivere in un posto. Ho visitato solo grandi città Occidentali, quelle ovvie, Londra, Parigi, Vienna, Monaco, Roma… spesso in tour on the road. E mi trovo davvero spesso a notare la differenza tra l'appropriarsi di un piccolo posticino rurale, basta fare qualche chilometro di passeggiata con i bastoncini da Nordic per sentirlo mio, e le città, le grandi città. Posso sapermi orientare bene, usare i mezzi di trasporto, conoscere qualche ristorantino, sapere dove fare la spesa, persino salutarmi e chiedere come va a qualcheduno, ma …. sento che c'è una complessità che non riesco ancora a penetrare… In poche parole sento che impadronirsi di una città richieda tempi più lunghi e … "residenziali" che non i piccoli luoghi. Anche in città che hai imparato ad amare… Credo di essermi spiegata molto male, ma oggi non mi riesce di esprimermi meglio :p

  2. Ciao carissima, grazie per il tuo commento! Ho capito benissimo così intendi e forse hai ragione. Io resto però per le "sensazioni a pelle", che non significa giudicare dalle apparenze o senza conoscere, ma lasciarsi guidare dal sesto senso. Mi è capitato di arrivare in un posto – città o borgo che sia – e sentirlo nelle mie corde fin da subito, già prima di visitarlo. Almeno con i grandi amori funziona così..

  3. Sono contenta che tu abbia compreso perché non ci arrivo neppure io ;). Scherzo, forse, quest'anno mi è capitato con Londra, città che adoro… ma forse mi faccio prendere troppo dal "Sightseeing" e poi ti chiedi se oltre le visite ai musei, a guardare strade col naso per aria, oltre i luoghi più frequentati dai turisti (che non sfuggo perché sono parte della città anche quelli), oltre i musical ed i teatri, non ci sia un'essenza di Londra che mi sfugge ancora…Forse dovrei semplicemente imparare a fermarmi di più ad ascoltare e guardare quel che accade a costo di fare una "cosa in meno"…. Vabbé tu goditi la tua Bangkok, che mi piace un mondo seguirti a distanza e senza valigia 🙂

  4. Penso che, banalmente, per capire al meglio una città, un luogo bisognerebbe viverci. Serve tempo per conoscere e riconoscere, apprezzare e comprendere. Grazie che mi segui! Oggi lascio Bangkok e mi trasferisco ad Ayutthaya.. Ci sentiamo da li! 🙂

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