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Mountain Gorilla Coffee Tours: ecco come scoprire l’Uganda responsabilmente

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Ho letto il resoconto di viaggio di Pier un paio di mesi fa in rete, per caso. Pier ha fatto un viaggio in solitaria in Uganda durato 20 giorni. Per chi come me è appassionato – o meglio “malato” – d’Africa sentirsi raccontare di foreste fluviali ed enormi altipiani, savana che si perde all’orizzonte, fango e spine, animali selvaggi, profumo di caffè tostato e sorrisi sinceri non può non far venire la pelle d’oca.

Ho voluto sapere subito di più del suo viaggio, della sua esperienza così wild e così a contatto con la realtà locale. E così Pier mi ha raccontato del Mountain Gorilla Coffee Tour, un progetto di turismo responsabile a contatto con la natura e la gente ugandese ideato anche e soprattutto perché possa essere di aiuto per le popolazioni locali.

Ho pensato di fare qualche domanda a Pier per saperne di più e per far conoscere questo progetto che merita attenzione e partecipazione, un progetto diverso dal solito e secondo me molto valido.

Io: Partiamo dalle basi, come è nato il progetto “Mountain Gorilla Coffee Tours” e perché proprio l’Uganda?
Pier: Quando il caso incontra l’occasione nasce un destino. Potrei riassumere così una storia cominciata appena 7 mesi fa ma da cui sono scaturite già moltissime vicende. Avevo deciso che l’Uganda sarebbe stata la meta del mio prossimo viaggio. Ho la presunzione di definirmi un viaggiatore e seguo criteri labirintici per stabilire dove muovere i miei passi. Ma questa è un’altra storia. Durante la fase organizzativa sono incappato in Julius, un ragazzo ugandese sulla trentina. Ci siamo scambiati qualche mail. Io cercavo un contatto in loco a cui appoggiarmi e lui cercava un piccolo business con cui arrotondare il suo stipendio da contabile. Avevamo una visione del turismo simile e delle buone idee. E’ il caso. Poi ho viaggiato.

Ho scoperto un Paese di una bellezza che non mi aspettavo. Ho conosciuto delle persone gentili e ospitali, disposte a tutto pur di metterti a tuo agio. Un Paese sicuro, con una varietà di paesaggi, fauna e flora che non ha eguali al mondo. E Kisoro, la piccola cittadina dove abita Julius, è incastonata tra vulcani, laghi e foresta. Il turismo praticamente assente.

È l’opportunità. Tutto il resto è venuto quasi di conseguenza. Il nostro rapporto ha subito trovato delle basi di fiducia e intesa difficili da spiegare. Abbiamo creato un piccolo sito dove esporre la nostra filosofia di viaggio e sono arrivati i primi segni di interesse. Ci siamo fatti conoscere attraverso la rete. Ora abbiamo abbastanza richieste da poter dire che Mountain Gorilla Coffee Tour è la prima agenzia turistica del distretto di Kisoro.

Io: In che modo il vostro progetto mira ad essere di aiuto per le popolazioni locali?
Pier: Ben prima che si potesse anche solo intravedere un’idea di business, il progetto è nato con il solo e unico scopo di avvicinare il turismo alle comunità locali. Far in modo che gli abitanti del posto possano ottenere qualcosa dalla macchina del turismo che sfreccia verso i parchi nazionali senza mai fermarsi. Non vuole essere una forma di carità sia ben chiaro. È una questione culturale e di giustizia.

Visitare un Paese senza entrare in contatto con i suoi abitanti è irrispettoso e troppo spesso si dimentica che le popolazioni locali consentono la sopravvivenza dei parchi stessi.

Il cardine su cui abbiamo deciso di puntare deriva da un’idea che mi porto dietro da un pò nel mio bagaglio di viaggiatore zaino in spalla. L’homestay. Andare nelle case della gente. Condividere con loro frammenti di vita vera. Questo principio ne innesca tanti altri paralleli. Perché vivere in una casa vuol dire andare a comprare al mercato o alla piccola bottega lì vicino, vuol dire che per qualsiasi cosa che potrà servirti ci sarà un parente o un amico. Il denaro indotto dal turismo circola nella comunità anziché nel bel lodge sperduto e di proprietà del solito magnate. In questi mesi sono poi nate numerose attività tutte rivolte a coinvolgere la comunità nel turismo. Il Coffee Project, che permette al turista di scoprire da dove venga e come si prepari il caffè che ogni mattina sveglia la sua giornata; il Lake Mutanda Trail con l’attraversamento del lago a bordo delle canoe dei pescatori; lo School Project con la possibilità di organizzare delle vere e proprie lezioni per i bambini della scuola primaria. E poi i progetti sociali per aiutare i Batwa, una minoranza discriminata costretta in condizioni di estrema povertà.  

Io: Ultimamente si sente molto parlare di “eco-turismo” o “turismo responsabile”; cosa deve avere secondo voi il vero turismo responsabile per essere efficace ed evitare che si riveli solo una semplice “moda” o trend del momento?

Pier: Questo è un argomento molto complesso che non credo di dominare ancora del tutto. Di certo so che “eco-turismo” e ancor di più “turismo responsabile” sono troppo spesso degli slogan per attirare clienti. A volte mi fa rabbia sentire persone riempirsene la bocca senza avere idea di cosa vogliano dire. L’efficacia del turismo responsabile si fonda su un principio culturale. Pessoa scrisse «i viaggi sono i viaggiatori». La “responsabilità” è un fatto individuale e dipende dalla coscienza del viaggiatore. Per prima cosa cerchiamo quindi di sensibilizzare chi viaggia con noi riguardo l’importanza di conoscere la cultura, gli usi e i costumi del Paese che si visita. Non è banale raggiungere una condizione di apertura mentale tale da permetterti di accettare “il diverso” per quello che è senza fare paragoni. Poi subentra la responsabilità nostra come agenzia. Vediamo sempre più persone della comunità coinvolte nel progetto turistico. Parte del denaro che arriva alla comunità viene reinvestito per cercare di migliorare il servizio. Ci sono i primi segnali di un cambiamento tangibile. Infine c’è l’aspetto economico. Impiegando solo risorse umane locali è a loro che va tutto il ricavato. Il guadagno dell’agenzia è ridicolo. È per questo che tutto il mio lavoro è su base squisitamente volontaria. Io continuo a metterci impegno quotidiano perché vorrei tanto che almeno per Julius questo possa diventare un lavoro a tempo pieno. È il suo sogno. Per il momento i profitti non gli permettono di stare tranquillo ma speriamo che le cose continuino a migliorare. Il nostro progetto si configura anche come “sostenibile”. E il motivo principale e realmente distintivo deriva dall’homestay. Noi non abbiamo bisogno di costruire nuove strutture. Sfruttiamo quel che c’è, cerchiamo di apportare delle migliorie, ma non aggiungiamo nulla. La conclusione che ne traggo è che il turismo responsabile e sostenibile possa esistere solo in questa forma. Un tour operator con decine di dipendenti europei per sopravvivere deve trattenere il grosso del ricavato e ha bisogno di strutture ad hoc, spesso incompatibili con la realtà locale. Il mio consiglio per chi vuole intraprendere un viaggio “responsabilmente” è di dedicare molto tempo allo studio del Paese e alla ricerca di agenzie locali realmente legate al territorio su cui operano.

Potete seguire il progetto Mountain Gorilla Coffee Tours sulla relativa pagina Facebook o avere tutte le informazioni dettagliate sul sito http://mountaingoriillacoffeetours.shutterfly.com/.
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